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o una centrale elettrica.

Per questo recupero di una

qualche parte del ‘valore’

energetico dei rifiuti questi

inceneritori sono stati chiamati

‘termovalorizzatori’.

Anche questi oggetti di critiche

perché sono comunque fonti

di inquinamento atmosferico,

perché residua, dopo la

combustione, una rilevante

quantità di scorie solide da

porre in discarica e perché

anche nei termovalorizzatori

si ha perdita di materiali che

potrebbero essere meglio

recuperati a parte, con

una raccolta differenziata,

e ritrasformati in materie

utili mediante riciclaggio,

ottenendo nuove merci

riciclate con un consumo di

energia inferiore a quello che

si avrebbe partendo dalle

materie prime tradizionali.

Il dibattito è aperto, con

grandi compagnie elettriche

che sostengono i vantaggi

dei termovalorizzatori, e i

movimenti ambientalisti,

contrari a discariche e

inceneritori, che sostengono

la necessità di una raccolta

differenziata e del riciclo

dei rifiuti e di altre soluzioni

tecniche considerate meno

inquinanti.

Come risultato, gran parte

della materia organica

combustibile che finisce nei

rifiuti solidi urbani va perduta e

subisce lente decomposizioni

inquinanti.

Una parte della materia

organica risultante dal

metabolismo urbano va

perduta nei rifiuti liquidi che

finiscono nelle fogne e quindi

nei fiumi o nel sottosuolo o nel

mare.

Come ordine di grandezza si

tratta di circa 20 kg/anno di

materia secca per persona

con un contenuto energetico

stimabile in 300 MJ/anno

per persona, una frazione

di quei circa 1.000 MJ/anno

per persona che abbiamo

visto entrare come prodotti

alimentari nell’ecosistema

urbano. Una parte di questi

rifiuti passa attraverso dei

depuratori e si trasforma

in fanghi ricchi di materia

organica; tali fanghi in parte

sono sottoposti a processi di

fermentazione che consentono

di recuperare biogas, la già

ricordata miscela di gas

combustibili, ricca di metano;

in alcuni impianti il biogas

viene bruciato per fornire

calore o elettricità agli stessi

impianti.

La parte organica non

trattata dei fanghi o delle

acque di fognatura immessa

nell’ambiente subisce poi

fermentazioni varie che

comportano liberazione di gas,

fra cui il solito metano che

contribuisce all’effetto serra,

e di energia che si disperde

nell’ambiente.

Se tutte le acque di fogna

venissero sottoposte a

trattamento di depurazione

e se tutti i fanghi fossero

recuperati e sottoposti a

fermentazione, in via di

principio sarebbe possibile

recuperare circa 100 MJ/

anno per persona di energia

evitando anche la dispersione

nell’atmosfera del metano

formato per fermentazione.

In realtà in Italia si stima un

recupero di metano dai fanghi

con un contenuto energetico

equivalente a circa 10 MJ/

anno per abitante.

Qualsiasi progresso

nella conoscenza e nella

valutazione del rapporto fra

energia e vita urbana può

consentire la progettazione

di apparecchiature e strutture

abitative che consentano di

consumare meno energia e

di avere minori effetti negativi

sulla vita dei cittadini e

sull’ambiente naturale.

E L’ENERGIA

LA CITTÀ

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n.20 novembre 2015