tra l’altro, lo sviluppo delle
larve della tignoletta della
vite (Lobesia botrana), che
arrecano gravi danni al raccolto
perché si nutrono degli acini.
La previsione fornita da un
modello matematico, integrata
con le competenze di tecnici
specializzati, può permettere
al viticoltore di intervenire solo
quando serve, riducendo il
tempo e il denaro spesi per
il monitoraggio, ed evitando
che vengano somministrati
trattamenti non necessari, in
accordo con il Piano di azione
nazionale per l’uso sostenibile
dei prodotti fitosanitari (Figura
2).
Risorse dai rifiuti guardando
alle tradizioni e al futuro
Oggi un terzo del cibo che
produciamo per fini alimentari
diventa rifiuto, con un onere
economico e logistico per la
comunità che lo deve smaltire.
La progettazione, realizzazione
e gestione di una filiera virtuosa
per il trattamento della frazione
organica dei rifiuti solidi urbani
(Forsu) e dei connessi scarti del
verde costituisce una criticità
sensibile per le amministrazioni
pubbliche responsabili della
sua ottimizzazione. Ridurre
i rifiuti e trasformare il più
possibile ciò che è un rifiuto in
un bene per la comunità che
lo produce richiede misure
appropriate da intraprendere a
livello locale. L’Ibba-CNR con
il progetto Ribio (Risorse da
biorifiuti), modello integrato per
comunità virtuose, si prefigge
di rispondere all’esigenza dei
nuovi criteri di pianificazione
urbana che vedono l’ambiente,
l’economia e la società in modo
interconnesso e si propone di
studiare come ridurre i rifiuti
alimentari e come valorizzarli
mediante la produzione di
energia e biomateriali. Gli scarti,
che costituiscono l’ultimo anello
della filiera alimentare, possono
infatti essere trasformati,
mediante un processo di
digestione anaerobica, in un
vettore energetico rinnovabile
e non inquinante come il
biometano. Al contempo si
può recuperare sostanza
organica per dare origine a
biomateriali o per migliorare
la biodisponibilità di elementi
nutritivi (azoto) e la struttura del
suolo favorendo la biodiversità
della microflora del terreno.
Il modello si pone dunque
l’obiettivo generale di supportare
i principali attori responsabili
della gestione integrata della
frazione organica dei rifiuti solidi
urbani nell’introduzione di una
filiera sostenibile e innovativa.
I fattori in gioco sono numerosi
ed il modello propone un ciclo
produttivo chiuso e circolare,
nel quale vengono ottimizzate le
singole fasi del processo nelle
diverse situazioni territoriali
valorizzando gli scarti alimentari
e individuando indicatori
di sostenibilità ambientale,
economica e sociale (Figura 3).
Non bisogna tuttavia
dimenticare che, si, l’agricoltura
cambia, ma le tradizioni
ritornano.
Il concetto di bioraffineria
applicato alle colture di lino e
canapa
In questo scenario si è
inserito il progetto VeLiCa
(Figura 4) che ha coinvolto
quattro istituti del CNR ed il
Consorzio Interuniversitario di
Biocatalisi. Tale progetto ha
proposto la reintroduzione di
due culture fortemente radicate
in Lombardia quali il lino e la
canapa capovolgendo però
l’approccio alla coltura e quindi
abbandonando l’ottenimento di
fibra tessile e ideando invece
una gamma di prodotti ottenuti
da tutte le parti della pianta
in accordo con il concetto di
bioraffineria. In particolare è
studiata la possibilità di utilizzare
l’olio sia a scopo nutraceutico,
ovvero come additivo alimentare
per combattere l’accumulo di
colesterolo nel sangue, che
industriale, come base per la
produzione di biodiesel e oli
lubrificanti.
La fibra, mescolata con lana
di scarto, è invece alla base
della produzione di pannelli
termo e fono-isolanti utilizzabili
in bio-edilizia. Dai residui
di queste due lavorazioni si
ottengono i prodotti più pregiati:
dal residuo della spremitura
dell’olio si ottengono proteine
che, dopo idrolisi, costituiscono
preziosi ingredienti cosmetici o
addirittura esaltatori di gusto;
dallo stelo legnoso, invece,
dopo estrazione della fibra si
ottengono zuccheri fermentabili
ad acido lattico, la base di una
interessante e molto richiesta
bio-plastica.
I ricercatori coinvolti sono
però andati oltre il concetto
di coltura dedicata e stanno
ora lavorando al concetto di
bioraffineria applicato alle
produzioni alimentari. Il conflitto
food vs feed può essere,
quindi, sorpassato applicando il
concetto di economia circolare
all’agroindustria.
Moltissimi scarti della
produzione di cibo, paglie, semi,
bucce, perfino le piume di pollo,
possono essere sfruttati per
ottenere prodotti ad alto valore
aggiunto quali additivi alimentari
e ingredienti cosmetici, ma
anche prodotti a minor valore
aggiunto ma volumi importanti
quali i materiali per la bioedilizia
e le bioplastiche.
Conclusioni
Gli esempi di gestione
innovativa delle risorse
ambientali riportate in questo
breve excursus rappresentano
solo alcune delle sfide che
una regione con un carattere
duale, agricolo e industriale,
come la Lombardia dovrà
affrontare per raggiungere
obiettivi sostenibili in un quadro
di cambiamenti globali sempre
più incombenti. La crescita
di sensibilità per la riduzione
dell’uso urbano del territorio è
cresciuta solo recentemente,
ma fa ben sperare di mantenere
in questa regione una profonda
vocazione agricola, che dovrà
però diventare sempre più
smart, aggiungendo efficienza
e sostenibilità alle già grandi
capacità di produrre in qualità.
Le competenze e le capacità
di innovare, tipiche di un
territorio altamente sviluppato
come la Regione Lombardia
permetteranno, infine, di
esportare in Italia e nel
mondo metodi e procedure
specializzate per lo sviluppo di
un “agroalimentare 2.0” in grado
di soddisfare un’ampia gamma
di esigenze perché nate in un
territorio che offre una varietà
unica di situazioni climatiche
diverse.
63
n.20 novembre 2015