che merita attenzione anche
in relazione ai dibattiti che
hanno caratterizzato il 2015
in occasione dell’Esposizione
universale Expo di Milano. E
ancora altra energia ‘invisibile’
è incorporata (in quanto
usata ‘altrove’ nella fase della
loro fabbricazione) in tutti
gli oggetti, carta, plastica, in
parte gli stessi combustibili,
metalli, ecc, che entrano ogni
anno nelle città in relazione ai
consumi di ciascun abitante.
Il flusso di circa 40.000 MJ/
anno per persona ‘attraverso’
le aree urbane comporta una
corrispondente dissipazione
di calore di rifiuto a bassa
temperatura che riscalda l’aria
delle città; a seconda della loro
conformazione, tale calore può
restare in parte intrappolato
nell’aria sovrastante,
soprattutto d’estate, a causa
della limitata ventilazione, e
può essere fonte di disagio.
Il consumo
urbano
dell’energia liberata dai
combustibili fossili provoca
anche l’immissione nell’aria
di una massa di gas di
combustione che restano
in gran parte intrappolati
nella città stessa. Si tratta
principalmente di anidride
carbonica, insieme a ossido di
carbonio, idrocarburi, piccole
quantità di metano, polveri,
tracce di metalli presenti nei
combustibili fossili.
La città in quanto tale in
genere non produce energia e
tutte le fonti artificiali utilizzate,
quelle fossili e l’elettricità,
vengono importate dall’esterno
con un traffico che, come si
è già accennato, comporta
a sua volta un consumo di
energia all’interno delle città
stesse; l’elettricità, prodotta in
parte con consumo di energia
fossile in centrali in genere
esterne alle aree urbane,
viene importata attraverso
elettrodotti.
Una parte, circa il 10 %,
dell’energia entrata nella città
finisce ‘incorporata’ nella
massa dei rifiuti solidi e liquidi
del metabolismo urbano. Nei
rifiuti solidi urbani è presente
materia organica combustibile
costituita da residui e scarti del
cibo, carta, materia plastica e
altro, e inoltre da materiali non
combustibili, come imballaggi
metallici, che ‘contengono’ una
parte dell’energia che è stata
usata per fabbricarli.
Energia recuperata
Il destino di questa massa di
rifiuti solidi urbani, stimabile in
Italia in circa 500 kg all’anno
per persona (con un ‘contenuto’
energetico stimabile in circa
10.000 MJ/anno per abitante),
è oggetto di vivaci discussioni.
La destinazione più facile, più
antica e ancora più seguita è
la sepoltura di questi rifiuti in
discariche, una pratica che ha
rivelato, col passare del tempo,
vari inconvenienti. La materia
fermentescibile nel sottosuolo
subisce più o meno rapidi
processi di decomposizione
in presenza di acqua, con
formazione di cattivi odori e
con sfiati nell’atmosfera di gas:
per lo più metano (il secondo
gas, dopo l’anidride carbonica,
responsabile dell’effetto serra),
anidride carbonica, ossido
di carbonio. Molti prodotti di
decomposizione o quelli tossici
presenti nei rifiuti solidi urbani,
solubili in acqua, dilavati
dalle piogge che attraversano
le discariche, sono fonti di
inquinamento delle acque
sotterranee e poi di fiumi e
laghi e alla fine del mare.
Qualche miglioramento,
col tempo, si è avuto, con
l’impermeabilizzazione del
fondo delle discariche in modo
da trattenere i liquami risultanti
dalla decomposizione, da
trattare in parte con depuratori
e in parte in impianto che
consentono di recuperare il
biogas, miscela di metano e
anidride carbonica formata
nelle fermentazioni della
materia organica presente
nei reflui; il biogas viene poi
utilizzato come combustibile.
In Italia si stima che il tale
recupero di energia equivalga a
circa 100 MJ/anno per persona.
Le discariche sono comunque
considerate, anche dalle
norme italiane ed europee, la
peggiore soluzione perché così
va perduta sia la materia sia
l’energia ‘contenuta’ nei residui
solidi del metabolismo urbano.
Una soluzione alternativa,
fin dall’inizio del XX secolo,
è stata la combustione in
‘inceneritori’; cattiva soluzione
anche questa, sia per la
perdita totale della materia
organica e per il residuo di
ceneri inquinanti da smaltire
comunque in discariche, sia
per l’emissione nell’atmosfera
di gas tossici o comunque
nocivi.
Nella seconda metà del
Novecento un passo avanti
è consistito nella costruzione
di inceneritori con migliori
caratteristiche e soprattutto
capaci di trasferire una parte
del calore di combustione
a qualche fluido in grado di
alimentare, col calore, un
impianto di riscaldamento
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n.20 novembre 2015
Foto: Sebastian Grünwald
Foto:Bernhard J. Scheuvens aka Bjs