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FEBBRAIO 2018

FIELDBUS & NETWORKS

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fase di progettazione, OEM e operatori beneficiano

del fatto che l’omogeneità dei componenti presenti

nell’armadio, grazie all’elevato livello di standardizza-

zione, limita i costi legati all’approvvigionamento dei

ricambi. “Con un unico servoregolatore AKD siamo in

grado di coprire numerose funzioni del tutto diverse

tra loro” puntualizza Tribus.

Prodotti speciali in piccoli lotti

Tra le operazioni normalmente svolte dai macchinari

presenti nell’azienda sulle rive del lago di Costanza vi

sono il confezionamento di latte in polvere e, in partico-

lare, di latte speciale, per esempio quello per neonati

con patologie renali. “Stiamo parlando di prodotti per

cui una scatola da 900 grammi può costare anche 100

euro” così Marc Grabher descrive il mercato interna-

zionale in cui sono richiesti i loro impianti. Il successo

nasce dal fatto che i costruttori di macchinari noti nel

settore delle linee di confezionamento rapido sono in

grado di confezionare da 200 a 300 scatole al minuto,

ma queste non hanno sufficiente flessibilità, sono troppo grandi e

troppo costose per lotti più piccoli. Lotti di produzione che cambiano

spesso, con quantità diverse e colli variabili: è proprio qui che Swiss

Can Machinery è in grado di dimostrare la sua forza. Grazie a una

capacità produttiva da 20 a 80 scatole al minuto, gli impianti sono

progettati per essere compatti e per consentire all’occorrenza modi-

fiche rapide e semplici. Ciò li rende interessanti per quelle aziende

che realizzano prodotti speciali, spesso molto costosi, in quantità

relativamente ridotte.

Igiene ed efficienza

“Il latte in polvere è un prodotto difficile da confezionare. Può

presentare proprietà molto diverse a seconda della formula-

zione, del tenore di grassi, del metodo di essic-

camento, della granulazione e della finezza”

spiega Michael Grabher. Pertanto è necessario

disporre di un know-how adeguato per costru-

ire macchinari in grado di confezionare il latte

in polvere garantendo pulizia, accuratezza ed

efficienza. Nel corso dello sviluppo della linea

di produzione, Swiss Can Machinery ha scelto

di dedicare molto tempo alla parte relativa

all’elettronica e all’automazione. “Nella nostra

azienda sta crescendo il numero di dipendenti

specializzati nell’automazione” spiega Marc

Grabher. “Intendiamo costruire macchinari mo-

derni in cui la maggior parte dei processi venga

svolta automaticamente. Siamo svizzeri e per

noi il criterio della qualità è importantissimo,

soprattutto a livello di igiene ed efficienza”

commenta Michael. Efficienza significa effet-

tuare rapidamente eventuali cambi di formato

legati a modifiche dei prodotti. “La chiusura

delle scatole in sé rappresenta una tecnica nota da oltre 100 anni.

Immaginate quanto può essere agguerrita la concorrenza” concor-

dano i due fratelli.

Ridurre i tempi di allestimento

Un contributo prezioso per ridurre i tempi morti è rappresentato

dalla realizzazione di kit completi contrassegnati dallo stesso co-

lore. Quando è necessario effettuare un cambio di prodotto modi-

ficandone l’imballaggio, l’operatore deve semplicemente cambiare

colore. “Si evita così il rischio di confusione e la modifica risulta

più rapida e sicura” sintetizza Marc Grabher. Inoltre, i colori sono

una lingua internazionale, un vero e proprio vantaggio se pensiamo

all’eventualità di esportare le unità.

Considerando che quello del latte in polvere è un settore interna-

zionale, nella fase iniziale di sviluppo Swiss Can Machinery si è

trovata di fronte a un’ulteriore sfida da affrontare, oltre a quella

della lingua, ovvero le diverse consuetudini a livello di tecnologia

di comando. Per i PLC Swiss Can utilizza di norma una versione

standard e si adatta a modelli diversi in base alle esigenze dei

clienti. Si tratta di una flessibilità che l’azienda svizzera è in grado

di offrire senza complessi interventi di adeguamento

a livello di programmazione e comunicazione: il

controllo sequenziale vero e proprio è separato dal

motion control. Nei servoregolatori AKD di Kollmor-

gen il controllo del movimento verrà svolto in futuro

per operazioni più complesse dal motion controller

Pcmm. In molte altre applicazioni, questa piccola

unità ha anche la funzione di interfacciamento tra

un protocollo di comunicazione e l’altro. Swiss Can,

per esempio, collega i servoazionamenti AKD al con-

trollo via Modbus.

In generale, possiamo dire che sono proprio le inter-

facce tra azionamenti, PLC, motion control, sensori

e attuatori a rappresentare un tema di enorme im-

portanza nell’ingegneria meccanica. “C’è da perderci

ore e ore” racconta Danijel Todorovic, capo-progetto

presso TBM, parlando della sua esperienza di stretta

collaborazione con Martin Rupf, ingegnere per le ap-

plicazioni presso Kollmorgen a Neuhausen im Rhein-

fall (Svizzera). “Spesso si ha paura dell’interfaccia,

per questo sono richieste interfacce flessibili” pun-

tualizza Tribus. Secondo Marc Grabher è per sfide come queste che

la sua azienda ritiene tanto importante una collaborazione con il

partner di sistema: “Sappiamo come devono essere le nostre mac-

chine e cosa devono poter fare. Abbiamo però bisogno di aiuto per

collegarle a un’adeguata tecnologia di controllo, per poter proget-

tare e fornire sistemi più veloci” conclude il responsabile tecnico.

Kollmorgen -

www.kollmorgen.com/it-it/home/

I servoregolatori AKD di Kollmorgen sono collegati ai motori tramite tecnologia a cavo

singolo

Un servoregolatore AKD è in grado

di coprire numerose funzioni

del tutto diverse tra loro