Una volta identificate le clamidie
si possono disegnare sonde
specifiche per quel ceppo specifico.
Attraverso questi due approcci
è possibile isolare nuovi ceppi
di clamidie dall’ambiente da
utilizzare per analisi successive
ed inoltre fornire una più accurata
conoscenza degli ospiti naturali
delle clamidie in ambiente
acquatico.
In conclusione, il monitoraggio
diretto di questi microorganismi
tramite tecniche di ibridazione è
di cruciale importanza perché,
seguendo le dinamiche dei loro
ospiti, questi batteri hanno spesso
una distribuzione molto diversa
dagli altri batteri acquatici, anche da
quelli utilizzati come indicatori della
qualità microbiologica delle acque.
Questo approccio permette non
solo di fornire importanti risultati
sulla distribuzione delle clamidie
ambientali in termini sia spaziali
che temporali ma contribuisce
anche ad ampliare la conoscenza
sulla biodiversità di questi batteri in
habitat acquatici. Ciò ha importanti
implicazioni da un punto di vista
ecologico e sanitario fornendo un
modello per comprendere il ruolo
dell’interazione protisti-procarioti
nella dispersione e sopravvivenza
di patogeni in ambienti costieri.
Figura 3 - Super-resolution Structured
Illumination Fluorescence Microscopy
(SR-SIM). Blu, segnale Dapi che lega
il DNA; verde, segnale fluoresceina
di cellule di Chlamydiae identificate
tramite Card-Fish (sonda Chl282
combinata con la Chl282bis). Scala:
5 µm.
Figura 4 - Immagine al microscopio ad
epifluorescenza di protisti e clamidie isolate
dall’ambiente acquatico e mantenute in coltura
di laboratorio: blu, segnale Dapi che lega
il DNA; azzurro, segnale CY5 (EUK516) per
identificare i protisti (a destra); verde, segnale
fluoresceina (EUB I, II, III) per identificare
E.coli TolC- utilizzato come nutrimento per le
clamidie; rosa, segnale CY3 (Chl282+Chl282bis)
per identificare le clamidie. Scala: 10 µm. Foto
fornita dal Prof. Dr. Matthias Horn, Università di
Vienna, Austria.
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