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n. 20 novembre 2015

AMBIENTALE

MONITORAGGIO

suggerendo interventi sanitari

adeguati.

Card-Fish

Per studio delle comunità

batteriche, tra le tecniche

di ibridazione in situ più

comunemente utilizzate, vi sono la

Fluorescence In-Situ Hybridization

(Fish) e la sua evoluzione

Catalyzed Reported Deposition-

Fish (Card-Fish). Queste tecniche

si basano sull’uso di sonde

molecolari oligonucleotidiche

rRNA specifiche, che si legano

a segmenti complementari del

corredo genetico e, mediante

la marcatura con un composto

fluorescente, rendono la cellula

individuabile mediante microscopia

ad epifluorescenza. La Card-Fish

prevede l’utilizzo di sonde rRNA

specifiche marcate con horseradish

peroxidase (HRP). Una singola

HRP catalizza la deposizione di

molta tirammide, marcata con un

fluorocromo, che si lega ai residui

di tirosina all’interno della cellula,

amplificando l’intensità del segnale

di fluorescenza. La Card-Fish

permette infatti di identificare

anche microrganismi caratterizzati

da una bassa attività metabolica

(cellule poco attive, bassa densità

dei ribosomi, es. la maggior parte

dei batteri in ambiente acquatico).

Inoltre, in alcuni campioni la

presenza di un forte segnale di

fondo potrebbe rendere difficile

la visualizzazione delle cellule.

Usando la Card-Fish la percentuale

di microrganismi identificati nei

sistemi marini è incrementata

di tre volte permettendo quindi

un’accurata quantificazione per

esempio negli oceani. Un punto

critico della tecnica è rappresentato

dalle grandi dimensioni della

sonda marcata con HRP (circa 44

kDa). Per questo motivo vengono

utilizzati uno o la combinazione di

più enzimi (lisozima-peptidoglicano,

proteasi-parete proteinacea)

con lo scopo di permeabilizzare

sufficientemente la parete senza

arrivare alla rottura della cellula

e permettere il passaggio delle

sonde.

Per identificare e quantificare le

clamidie in ambiente costiero

è stato ottimizzato il protocollo

della Card-Fish da Pizzetti

et

al.

[7]. Nello specifico è stato

necessario utilizzare il lisozima

insieme all’acromopeptidasi in

quanto la parete di questi batteri

è per lo più proteinacea e sono

state disegnate ed ottimizzate

due sonde specifiche, Chl282

e Chl282bis, che combinate

insieme hanno permesso la

quantificazione dell’intero ordine

delle Chlamydiales [7].

La densità batterica stimata

attraverso microscopia ad

epifluorescenza (Figura 2) è

espressa come numero di cellule

(cells) per millilitro (mL) nel caso di

campioni d’acqua ed è indicativa,

dell’abbondanza assoluta dei

microrganismi specifici che si

stanno quantificando, per esempio

le clamidie, ma anche della loro

relativa abbondanza rispetto al

numero totale di batteri presenti nel

campione ambientale.

Per uno studio approfondito

della relazione tra le clamidie

e l’ospite viene utilizzato il

microscopio confocale (Clsm)

che permette una ricostruzione

tridimensionale dell’immagine.

Spesso il Clsm viene combinato

con un sistema a super-risoluzione

includendo la tecnica Super-

resolution Structured Illumination

Fluorescence Microscopy (SR-

SIM) che permette, grazie alla

più alta risoluzione, sia di meglio

visualizzare che di quantificare

le clamidie all’interno dell’ospite

(Figura 3). È quindi possibile

identificare rapidamente non solo

clamidie a vita libera ma anche

quelle associate ad ospiti intermedi.

Il campionamento per l’analisi

Card-Fish è molto rapido e

prevede il prelievo di acqua

in quantità variabili in base al

campione da analizzare. I tempi

di analisi sono rapidi e, in seguito

ad una fase di fissaggio del

campione fresco in formaldeide

(essenziale per mantenere

l’integrità morfologica delle cellule

ed iniziare a permeabilizzare la

parete cellulare) e filtrazione su

appositi filtri è possibile eseguire

l’ibridazione e ottenere il dato

quantitativo finale entro le 24 h

successive. Il campione filtrato

si può conservare per diversi

mesi e può essere utilizzato per

successive analisi. Nello specifico,

le clamidie ambientali essendo

considerate ‘rare populations’

dovrebbero essere quantificate

su filtri contenenti elevati volumi

di campione per sopperire alla

limitazione nel quantificarle.

Isolamento di clamidie

ambientali

Recentemente, analisi molecolari

hanno mostrato un’alta diversità

delle clamidie, soprattutto in

ambiente marino [8], ma tale

diversità rimane sottostimata e

gli ospiti naturali sono, in molti

casi, sconosciuti. Per questo

motivo si ricorre a tecniche di

co-coltivazione con ospiti di

clamidie ambientali ben conosciuti

(per esempio Acanthamoeba

spp., Hartmannella spp.) per

isolare nuovi ceppi di clamidie

da diversi ambienti acquatici in

grado di sopravvivere e dividersi

all’interno dell’ospite potenziale.

In parallelo, tramite la tecnica a

diluizione fino ad estinzione, è

possibile isolare direttamente

l’ospite naturale ed identificarlo

tramite microscopia [ottica ed a

contrasto interferenziale (DIC)] ed

amplificazione e sequenziamento

del gene per il 18S rRNA. Una volta

isolato l’ospite, per determinare

la presenza delle clamidie al suo

interno viene utilizzata la Fish

tramite sonde oligonucleotidiche

specifiche per l’identificazione

delle clamidie (Figura 4). Ogni

clamidia isolata è successivamente

analizzata attraverso il

sequenziamento del gene per

il 16S rRNA ed il microscopio

elettronico a trasmissione (TEM).

Figura 1 - Ciclo vitale delle Chlamydiae (modificato da [2]).

Figura 2 - Associazione protisti-clamidie - Immagine al microscopio ad

epifluorescenza: Blu, segnale DAPI che lega il DNA; verde, segnale fluoresceina di

cellule di Chlamydiae identificate tramite Card-Fish (sonda Chl282 combinata con la

Chl282bis). Scala: 5 µm.