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n.20 novembre 2015
da 1.000/1.200 bombolette una panchina e da 1.500/2.000
scatolette di tonno il telaio di una fantastica bicicletta. Ca-
pito che magia con l’acciaio?
Da tondo e imballaggi in acciaio nasce a
Brescia la Vittoria Alata
Una matassa d’acciaio indefinita e multiforme. Ma se la si
guarda da un determinato punto di vista, eccola trasfor-
marsi in un fantastico monumento. Perché, come diceva
Confucio nel VI secolo a.C., “C’è bellezza ovunque, ma
non tutti riescono a vederla”. È la magia della ‘Vittoria Ala-
ta’, l’opera d’arte voluta da Siderweb, la principale commu-
nity dell’acciaio, in occasione della sua partecipazione al
Festival dell’Innovazione Supernova, svoltasi in ottobre a
Brescia. L’installazione, come ha spiegato l’architetto Oli-
viero Baldini, autore dell’opera, “si richiama all’anamorfosi,
una tecnica pittorica del ‘500 per la quale la statua appare
visibile solo da un determinato punto di osservazione, men-
tre negli altri punti appare come una matassa di acciaio
indefinita”. Il tutto, appunto, per richiamare il concetto di
bellezza, di ricerca e per esaltare le proprietà dell’acciaio,
materiale versatile, riciclabile all’infinito, che consente di
realizzare da infrastrutture ad opere d’arte di valore, senza
soluzione di continuità. La ‘Vittoria Alata’, concepita come
omaggio alla città di Brescia, nasce dalla fusione tra la-
voro artigiano e computer, ed è stata ideata e realizzata
grazie all’impiego di materiali forniti dal Consorzio Ricrea
e dal Gruppo Feralpi. Per costruire ed assemblare la ‘Vitto-
ria’ sono stati utilizzati 5 km di tondino piegato, arrotolato,
attorcigliato, aggrovigliato, tagliato e saldato a blocchi, poi
collegati tra di loro come se fossero pixel su 30 piani/layer
distanti 20 cm l’uno dall’altro. “Sono il risultato di un lavoro
manuale e paziente realizzato inventandosi spine e matrici
per poter produrre i prototipi. I manufatti sono stati monta-
ti su una rete elettrosaldata che forma il basamento ed è
indispensabile per il fissaggio dei vari ‘tentacoli/sostegno’
della struttura” ha spiegato Baldini. “La rete - ha aggiunto
l’architetto - viene celata da una distesa di dischi pressati
di imballaggi d’acciaio (fusti, secchi e scatolette) che servo-
no, oltre alla stabilizzazione della statua, come piano zero
simbolico dal quale si innalza l’acciaio rigenerato e sugge-
risce metaforicamente il ciclo di un recupero sostenibile di
questo metallo”.
D’altronde, diciamocela tutta: c’è più bellezza nel colpo
dello scalpello dello scultore o nel gettare un barattolo o
scatoletta d’acciaio vuota nella campana della raccolta dif-
ferenziata dei metalli? A prima vista la risposta sembrereb-
be ovvia, palese. Il colpo dello scalpello. Quello in grado
di liberare da una massa informa una figura, una compo-
sizione. Il colpo che sottrae l’inutile e lascia l’essenziale,
forgia l’emozione. Eppure, se indaghiamo più in profondità,
la risposta non è poi così scontata. Prendiamo ad esem-
pio proprio questa ‘Vittoria Alata’. Senza l’artista le verghe
di acciaio che la compongono non avrebbero mai preso
la forma che poi hanno assunto. Ma è pur vero che, per
l’architetto Baldini non sarebbe stato possibile provocare
emozioni senza il materiale. E questo materiale, l’acciaio, è
stato prodotto e ri-prodotto grazie al suo riciclo che avviene
proprio in acciaierie come Feralpi dove il rottame ferroso
tra cui gli imballaggi d’acciaio provenienti dalla raccolta dif-
ferenziata viene inserito nei forni elettrici per essere fuso e
tornare nuova materia prima. Ora, quindi, il collegamento