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n.20 novembre 2015
CIRCOLARE
ECONOMIA
impianti che operano ulteriori separazioni tra i materiali e
quindi inviano i nuovi flussi in uscita ad altri impianti suc-
cessivi (come avviene ad es. per cavi e motori). Inoltre, il
loro contenuto di materiali riciclabili di elevato valore e la
contestuale presenza di sostanze pericolose che richiedo-
no particolari attenzioni durante le operazioni di recupero
e smaltimento ne rendono particolarmente interessante lo
studio dell’ottimizzazione dei processi di recupero e trat-
tamento.
La metodologia LCA permette di includere nello studio tutti
questi aspetti e può quindi essere utilizzata proficuamente
per la valutazione ambientale di tecnologie di trattamento
dei Raee così come di un intero sistema di gestione imple-
mentato in una data realtà.
Con riferimento ad esempi di LCA prosegue Rigamonti - il
Gruppo di ricerca sulla Gestione Sostenibile dei Rifiuti e
delle Risorse della Sezione ambientale del Dica, presso
cui lavoro, ha condotto recentemente uno studio di LCA
per la valutazione delle prestazioni ambientali del sistema
di gestione dei Raee implementato in Regione Lombardia.
La valutazione ha incluso la raccolta di ciascuna categoria
di Raee, il trasporto alla piattaforma di stoccaggio, il pri-
mo trattamento in impianti specifici e il successivo tratta-
mento delle componenti separate in impianti finali di riciclo
e/o smaltimento. I risultati del bilancio di materia, input
fondamentale per la LCA, hanno mostrato che acciaio e
vetro sono i flussi predominanti di materiali derivanti dal
trattamento dei Raee; inoltre vengono recuperate anche
una quantità non trascurabile di varie tipologie di plastica
e piccole quantità di metalli preziosi come oro, argento e
palladio.
L’LCA dell’intero sistema regionale ha poi mostrato che,
per la maggior parte delle categorie di impatto esaminate,
i benefici derivanti dal recupero di materiali e di energia
più che compensano gli impatti dei processi di trattamen-
to”. Lucia Rigamonti conclude evidenziando che le cate-
gorie di Raee il cui trattamento e recupero sono risultati
più vantaggiosi per l’ambiente e la salute umana sono l’R3
e l’R5.
In considerazione dei margini di soggettività comunque in-
siti nell’Life Cycle Assessment, quali sono i limiti della me-
todologia LCA applicata a questa particolare filiera?
“La nuova direttiva europea sui Raee - spiega
Anna Maria
Ferrari
, docente presso il Dip. di Scienze e Metodi dell’Inge-
gneria dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia - ha
portato alla creazione di un nuovo modello di gestione dei Raee,
un sistema complesso comprensivo della raccolta, selezione,
riuso nonché dei processi di riciclo. Oltre alle ormai note difficol-
tà di reperimento di dati primari e di modellizzazione di specifici
trattamenti, le principali scelte di natura metodologica possono
essere ascrivibili alle problematiche di allocazione/espansione
dei confini del sistema, alla difficoltà di quantificare le emissioni
indoor e locali degli impianti di trattamento nonché di allocare le
emissioni totali alla specifica composizione del rifiuto.
Per quanto riguarda le attività di riciclo, il modello dell’allocazio-
ne considera i materiali secondari fuori dal sistema e concentra
l’analisi sulla sola funzione del riciclo.
Questo comporta l’attribuzione ai vari processi di riciclo, e quin-
di all’azienda che se ne fanno carico, della rispettiva quota parte
di danno ambientale. Viceversa l’adozione del prodotto evitato
implica una estensione dei confini del sistema fino a compren-
dere anche i secondari che verrebbero riutilizzati dallo stesso
sistema analizzato, con un conseguente vantaggio ambientale.
L’espansione del sistema potrebbe essere accettabile nel caso
di un sistema di gestione dei Raee su scala mondiale, quindi un
sistema chiuso.
Nel caso di un sistema aperto che non comprende l’utilizzo del
secondario, si ha il paradosso di un processo che produce un
vantaggio ambientale”. Anna Maria Ferrari conclude spiegando
che dal suo punto di vista è scientificamente accettabile attribu-
ire a un materiale secondario lo stesso carico ambientale di una
risorsa primaria, solo nel caso in cui il sistema sia chiuso. Per
questa ragione il gruppo di ricerca LCA Working Group dell’U-
niversità di Modena e Reggio Emilia, predilige il modello dell’al-
locazione. D’altra parte quest’ultimo impone l’utilizzo di criteri
che tendono talvolta a falsare la realtà fisica del sistema e che
rendono necessario valutare in itinere l’adozione di una corretta
chiave di allocazione.