MEDICAL 10 - APRILE 2016
XVI
Medical
lecole legate in strutture sufficientemente robuste da potersi
considerare meccanicamente stabili ma relativamente elasti-
che. Se questi tessuti sono distesi quanto basta, allora fra le
molecole riescono a formarsi dei buchi o pori con diametro
di pochi nm che secondo le condizioni possono variare da
un solo nmfino a una decina di nmma non oltre perché poi
aumenta il rischio di rottura (lesione).
Un esempio noto di membrana nanoporosa allo stato soli-
do attualmente molto utilizzata in elettronica è il grafene,
che però ha caratteristiche meccaniche molto diverse da
quelle dei tessuti organici. La svolta nel campo medicale si
è verificata quando Bayley riuscì a sintetizzare dei nanopori
stabili utilizzando delle molecole di proteine che possono
essere replicate con processi ad alta efficienza. In pratica, ha
realizzato delle membrane di qualche decina di nm di lato
e una manciata di nm di spessore contenenti pori con dia-
metro variabile che dipende dalle molecole strutturali che
le formano. Immergendo queste membrane in un liquido
conduttivo e applicando un campo elettrico, si causa il mo-
vimento di una mediocre ma significativa quantità di ioni
liberi, che a loro volta generano una corrente elettrica che
attraversa i nanopori e dipende dal potenziale applicato ma
anche dalla forma geometrica e dal diametro dei nanopori.
Osservato questo meccanismo, Bayley pensò bene che nel
liquido conduttivo potevano essere disciolte delle moleco-
le, dei batteri oppure dei filamenti di DNA in modo tale da
cambiare la correlazione fra il campo applicato e la corrente
misurata attraverso i nanopori e sviluppando il concetto è
riuscito a realizzare membrane nanoporose molto selettive e
capaci di riconoscere per esempio lo scorrimento dei singo-
li nucleotidi del DNA attraverso la membrana e catturarne
così la sequenza genetica con una tecnologia di test semplice
ed economica.
Il principio di funzionamento della membrana nanoporosa
nella rivelazione delle sostanze è illustrato nella prima figura,
dove si vedono le diverse correnti ioniche registrate durante
il passaggio di tre differenti molecole attraverso i nanopori.
Le ricerche sulle sostanze adatte per realizzare le membrane
si sono incentrate per lo più su due tecnologie. La prima
riguarda i nanopori di una manciata di nm, che si formano
nelle tossine di Emolisina Alfa (
α
HL) presenti in alcuni bat-
teri della famiglia dello stafilococco nocivi per la salute ma
già ben noti ai ricercatori per svariati motivi, fra cui anche
la loro struttura fisica piuttosto resistente. Le membrane di
αHL hanno nanopori molto stabili e permettono persino di
definire un certo numero di gruppi di nanopori, che mo-
strano forma e diametro uguali fra quelli dello stesso gruppo
ma sensibilmente differenti fra un gruppo e l’altro, in modo
tale da avere diverse sensibilità di misura che possono essere
utili per rivelare più sostanze e ottenere misure multiple. Mi-
gliori prestazioni sembrano offrire le proteine denominate
porine, che sono tipicamente prodotte dai microbatteri no-
toriamente portatori di svariate patologie ma in questa veste
utili, perché le porine sono strutturate in triplette disposte
come dei cilindri cavi legati stabilmente in modo da formare
uno strato sottile ossia una membrana nella quale i cilindri
diventano nanopori che la attraversano da un lato all’altro.
In particolare, le proteine porine MspA riescono a formare
nanopori con diametro di appena 1,2 nm e perciò molto
selettivi ma le ricerche su questa tecnologia sono ancora in
corso.
I ricercatori della Oxford Nanopore hanno ingegnerizzato
la fabbricazione delle membrane nanoporose, in modo da
essere facilmente integrabili insieme a opportune strutture
nano-elettro-meccaniche di grafene e dare vita a sensori in-
telligenti capaci di riconoscere le sequenze del DNA con sin-
goli test in tempo reale. In pratica, le membrane e i NEMS
sono integrati su un supporto polimerico in modo da for-
mare un array di pozzetti di misura, su ciascuno dei quali
è applicata una coppia di elettrodi che viene gestita da un
Asic (Application-Specific Integrated Circuits), progettato
per agevolare la raccolta delle misure eseguite. I sensori pro-
dotti in questo modo dalla società inglese possono rivelare le
molecole al ritmo di decine di kHz per ciascun nanoporo e
perciò consentono misure praticamente in tempo reale sul-
le sequenze del DNA. Inoltre, essendo fondamentalmente
modulari, gli Asic e le membrane possono essere assemblati
in strutture multicanale per misure multiple di grande inte-
resse per i moderni Lab-on-a-chip medicali, capaci di effet-
tuare diagnosi complete in pochi attimi di tempo e con il
valore aggiunto delle piccole dimensioni, che ne consento-
no la portabilità in apparecchi palmari o indossabili. Questi
sensori offrono svariati vantaggi in confronto a quelli basati
sulle convenzionali tecnologie di osservazione del DNA, che
sfruttano la fluorescenza o altri fenomeni ottici, perché in-
nanzi tutto riescono a valutare persino una sola molecola del
DNA alla volta e poi sono scalabili in array ingegnerizzabili
in modo preciso e ripetibile, nonché relativamente econo-
mico.
Laboratori indossabili cloud
MinION è un sensore di misura del DNA portatile che con-
sente di effettuare analisi rapide e precise direttamente in
Fig. 3 – Oxford Nanopore ha istituito MinION Access
Programme per consentire la condivisione delle idee
sulle applicazioni che questo piccolo sensore può
consentire con l’appoggio di un smartphone