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L’
economia attuale e, a mag-
gior ragione, quella del futuro,
richiede connessioni capillari
e banda larga: Neelie Kroes,
commissario UE all
,
ha più volte sottoli-
neato come la banda larga
sia da ritenersi una priorità
per l’Europa. Il quarto dei set-
te ‘pilastri’ dell’Agenda Digita-
le prevede che entro il 2020
tutti i cittadini europei dispon-
gano di una connessione da
almeno 30 Mbps e in almeno
metà delle abitazioni si supe-
rino i 100 Mbps. Video ad alta
definizione e videoconferenze
sono due delle applicazioni
che giustificano la richiesta
di simili velocità: già adesso
circa un terzo del traffico ge-
nerato nel Nordamerica è do-
vuto a film scaricati da Netflix;
e se oggi in Internet vengono
trasferiti circa un miliardo di
terabyte di dati al giorno, tra
meno di quattro anni questa
cifra è destinata a decupli-
care.
L’oceano di smartphone af-
famato di dati in mobilità e
la crescente diffusione del
Cloud per uno storage condi-
viso multiperiferico e l’acces-
so ad applicazioni ‘tra le nu-
vole’ sono due buone ragioni
per ritenere la banda larga
un investimento produttivo
già oggi. È inoltre lecito atten-
dersi che, come spesso suc-
cede quando si investe nelle
tecnologie pervasive, altre e
più interessanti applicazioni
verranno create proprio dalla
disponibilità di banda.
Lo stato delle cose
Purtroppo l’Italia non sembra
pronta a cogliere tutte que-
ste opportunità di crescita:
nel corso degli ultimi due anni
numerosi osservatori hanno
rilevato come il Bel Paese
non abbia saputo tenere il
passo con le economie più
avanzate a livello mondiale
ma soprattutto europeo.
mai
,
,
,
,
,
,
ONU
e
Wef
hanno tutte posizionato l’Italia
in pessima – se non ultima
– posizione nelle classifiche
internazionali sulla diffusione
e la qualità della banda larga.
Nel Rapporto ONU 2012 l’I-
talia è al 29° posto al mondo
per la diffusione della banda
larga fissa (22,8% degli abi-
tanti) e al 35° posto per quel-
la mobile (31,3%).
Solo il 56,8% della popolazio-
ne risulta dotata di accesso
a Internet, un valore che si
scontra con il 79% della Fran-
cia, l’82% del Regno Unito,
l’83% della Germania e tra
l’89 e il 95 per cento dei Pa-
esi nordeuropei. Secondo il
Global Information Techno-
logy Report del World Econo-
mic Forum l’Italia ha un “indi-
ce di digitalizzazione” di 4,18
che la colloca al 50° posto sui
144 Paesi esaminati. Peggio
di noi in Europa è riuscita a
fare solo la Grecia.
ci colloca al 95° po-
sto nella classifica mondia-
le delle velocità di download
delle connessioni domestiche
(con 5,95 Mbps siamo ben al
di sotto della media europea
di 16,69 Mbps) e al 38° per
quanto riguarda il costo per
Mbps. Nel suo ultimo Rap-
porto sullo Stato di Internet
basato su oltre un miliardo di
utenti web unici connessi al-
la sua piattaforma nell’ultimo
trimestre del 2012, Akamai
colloca l’Italia al penultimo
posto in Europa per l’ado-
zione di connessioni ad al-
meno 4Mbs. Con un 28% di
penetrazione riusciamo a fa-
re meglio solo della Turchia.
Se passiamo alle
connessioni con
almeno 10 Mbps,
la percentuale
scende al 2,8%.
Inoltre, se guar-
diamo le velocità
di connessione,
scopriamo che il
Bel Paese con i
suoi 4 Mbps me-
di e 19,4 Mbps di
picco si trova nel
fondo della clas-
sifica dell’area
Emea.
Mentre il Bel Pa-
ese lotta ancora contro il Di-
gital Divide (nella speranza
di riuscire a sfruttare i 900
milioni di euro messi a dispo-
sizione da UE e privati per
portare almeno 2 Mbps a 8,5
milioni di italiani senza banda
larga), da qui al 2020 le oc-
casioni di incrementare il PIL
grazie all’economia digitale
saranno sempre più difficili
da cogliere.
EON
ews
n.
565
-
giugno
2013
3
M
assimo
G
iussani
T
erza
P
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Lo stato della banda larga in Italia è ancora
un collo di bottiglia che ostacola lo sviluppo
dell’economia 2.0
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Le opportunità mancate
della banda larga
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