dicembre 2012
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glioramento continuo per realizzare
un prodotto o un servizio in grado di
soddisfare i cambiamenti del mercato
e le richieste dei clienti. “Il prodotto
che l’estero ci richiede - spiega Zegna
-
è un prodotto di qualità, innovativo
e di forte creatività. Ovviamente la
notorietà del marchio è un elemento
che attrae ma, quando questa non c’è
e sono invece presenti tutte le altre
caratteristiche ricercate dai clienti, con
prodotti uniti sotto un unico format
che ne evidenzia la forte italianità, ec-
co che si crea un sistema che rafforza
le proposte delle singole aziende che,
altrimenti, individualmente, farebbero
fatica a farsi notare”.
Verso i mercati esteri
Internazionalizzazione: in Confindu-
stria è stato creato un format per aiu-
tare le PMI a portare all’estero i propri
prodotti. Vediamo di che cosa si trat-
ta. “È un’operazione che è ancora in
corso - dice Paolo Zegna - che ha già
attraversato diverse fasi. Siamo a un
punto cruciale in cui bisogna rompere
l’ultimo frammento per poter comin-
ciare a operare. Il progetto è partito
in Confindustria quando ancora era
presidente Emma Marcegaglia: a raf-
forzamento di quell’immagine di cui
l’Italia, per fortuna, ancora gode e che
negli anni ha costruito grazie ai grandi
marchi in tutti i beni di consumo. Oggi
abbiamo la dimostrazione che all’este-
ro adorano i nostri prodotti e ovunque
nel mondo ormai rientrano nello stile
di vita di molte persone. Sfruttando
l’immagine di quei prodotti che, ap-
prossimativamente, possono essere
qualche centinaia siamo convinti, tra le
altre cose, che a medio termine si possa
portare beneficio anche a monte, ossia
a chi produce i macchinari con i quali
vengono realizzati.
Dietro a queste centinaia di imprese
portarci diversi. Il piccolo rimane pic-
colo ma magari si associa - dice Paolo
Zegna - entra in un gruppo di lavoro,
intraprende un percorso di condivisio-
ne, di conoscenze e competenze. E in
tal modo acquisisce una forza che gli
consente di affrontare il mercato glo-
bale e i concorrenti stranieri”.
Perché esportare?
La riduzione continua della domanda
sul fronte domestico impone un cam-
biamento di mentalità che parte pro-
prio dall’affacciarsi in modo sempre
più dinamico ai mercati esteri. Sem-
plice a parole, più complicato nei fat-
ti. Le nostre piccole e medie imprese
spiccano per fantasia, sono tecnologi-
camente all’avanguardia, con punte
di eccellenza senza pari in alcuni cam-
pi, ma stentano nell’ottenere successo
-
se non addirittura a sopravvivere -
nell’ambito della concorrenza globale.
Che fare? “Si potrebbe anche pensare
a qualche forma di scambio azionario
con altre società - dice Zegna - ma se
anche questo non avvenisse, ci sono
delle forme di associativismo o di par-
ternariato, o anche di lavoro in rete
che permettono al piccolo di unirsi agli
altri. Il vicepresidente di Confindustria,
Aldo Bonomi, sta spingendo e realiz-
zando un numero sempre maggiore
di queste reti di impresa, una sorta di
Vangelo’ che divulghiamo alle azien-
de, con l’obiettivo di creare esempi
positivi da diffondere ad altri perché
servano da stimolo. È necessaria, co-
munque, di fondo una reattività e una
volontà da parte della singola impresa
a entrare in un gioco di squadra, più
ancora di quello che eventualmente è
riuscita a fare nel passato”.
Oltre a questo atteggiamento, che pas-
sa attraverso un cambio di mentalità
dell’imprenditore, non si può prescin-
dere da innovazione e capacità di mi-
A format for
internationalisation
Numerous small/medium-sized companies find
it difficult to present themselves individually
on international markets: they are faced with
problems of both a logistics and distribution
nature. “Unfortunately, we don’t have any
Italian wide-scale distribution representatives
in the world who could help our companies
to market their products - said Paolo Zegna,
the President of the Technical Committee for
Internationalisation at Confindustria -. “This
is a handicap for us compared to our French,
English, German and Swedish competitors.
So, not having any stores of our own, we have
to work with third party clients, trying to
indentify those who show a certain level of
interest in both ‘Made in Italy’ produce and the
so-called ‘Italian lifestyle’. To attract them we
thought about offering them a contact service
involving many of our own manufacturers:
small companies, dotted around the territory,
which are difficult to contact one-by-one. We
created a platform, a logistics set-up, which
helps them to gain access, choose and manage
relationships in terms of buying and advertising
the vast array of products that are available in
our country. We created a brand - Storytalia
-
whose slogan is ‘The way we like to live’, an
image of the store, a language that is used
to talk about our country, our products, the
corporate background that lies behind every one
of them. We want to put all we can to potential
retailers who show that they believe in us and
know how to handle the format, by accepting to
propose our goods on the basis of a franchising
agreement. This, among other things, means
that we don’t, at least at the outset, have to
make any direct investments in stores which
would be particularly expensive and extremely
complex”.