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30 SPECIALE SPS ITALIA 2024 Ricavare l’alimentazione dall’ambiente I progressi nella microelettronica, nei sistemi micro-elettro-meccanici (Mems) e nelle tecnologie a radiofrequenza hanno permesso lo sviluppo di sensori compatti con comunicazione wireless. Requisito fondamentale di questi dispositivi è disporre di energia a bordo che ne garantisca un funzionamento prolungato, dove la soluzione tipica è legata all’uso di batterie. Tuttavia, queste ultime pongono stringenti vincoli in termini di necessità di ricarica/sostituzione e smaltimento, con conseguenti limita- zioni tecniche, aggravio economico e impatto ambientale. In concreto, la possibilità di applicare su larga scala scenari emergenti come quelli dell’IoT (Internet of Things) trova nell’alimentazione dei nodi sensore un collo di bottiglia. Attualmente, la batteria di un nodo sensore ha una vita operativa mediamente stimabile in non oltre 3 anni, durata che è considerata limitata e in molte applicazioni insufficiente e non com- patibile con uno sviluppo pervasivo dei sistemi IoT. La graduale riduzione dei consumi dell’elettronica e il miglioramento tecnologico delle batterie consentiranno progressi, ma una prospettiva differente, certamente af- fascinante e promettente, è quella di utilizzare per l’alimentazione l’ener- gia presente nell’ambiente sotto varie forme e convertirla nel dominio elettrico mediante opportune tecniche di recupero energetico (energy harvesting). Effetti di conversione e tecnologie Lo schema a blocchi generale di un sensore wireless alimentato da energy harvesting (EH) è illustrato nella figura 1. Il contesto operativo da cui estrarre energia può essere un impianto/processo, per esempio indu- striale, l’ambiente naturale, o il corpo umano nel caso, per esempio, dei sistemi indossabili (wearable). Tra le principali sorgenti di energia utilizzabili figurano: la radiazione so- lare, l’energia meccanica proveniente da vibrazioni, movimento e flussi di fluidi, l’energia termica sotto forma di gradienti di temperatura e l’energia elettromagnetica a radio frequenza (RF) presente come fondo, o delibe- ratamente immessa in una regione di spazio per energizzare dispositivi. Gli esempi puramente indicativi, riportati in tabella, mostrano che, per dimensioni di interesse pratico, le potenze ricavabili sono mediamente comprese tra 10 µW e 10 mW. A seconda delle situazioni operative e del fenomeno a cui è associata l’energia da convertire, il flusso di potenza in uscita può essere soggetto a significative variazioni nel tempo, intermit- tenza o anche interruzione prolungata. Condizioni simili e livelli di potenza così ridotti richiedono all’interno dei nodi sensore opportuni circuiti elettronici di gestione dell’energia (power management) e architetture innovative per il condizionamento dei segnali, intrinsecamente robuste rispetto a condizioni di alimenta- zione variabili e poco prevedibili. L’energia nel dominio elettrico in uscita al blocco di conversione (harvester), adeguatamente condizionata dai circuiti di power management, può essere utilizzata per caricare una batteria, oppure essere accumulata e trasferita periodicamente al carico sotto forma di impulsi di potenza ciclici a basso duty cycle. VITTORIO FERRARI Comitato tecnico di Automazione Oggi, Fieldbus&Networks e Soluzioni Software per l’Industria L’energy harvesting (EH) si propone di utilizzare, per l’alimentazione dei nodi sensori delle reti wireless, l’energia presente nell’ambiente sotto varie forme, convertita nel dominio elettrico mediante opportune tecniche di recupero energetico. Vediamo come Fig. 1 - Schema a blocchi di un sensore wireless alimentato da energy harvesting Tabella - Principali effetti di conversione utilizzati in energy harvesting ed esempi di potenze elettriche ricavabili

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