PRO_455

progettare 455 • giugno / luglio 2023 43 robot umanoide dentro l’acciaieria, ma gli algoritmi e la tecnologia sviluppata abilitano e accelerano processi di trasfe- rimento tecnologico, in casi particolari che devono essere poi sempre studiati in modo chirurgico”. Con Camozzi è in corso una collabora- zione nella modellazione, controllo e pianificazione di sistemi non lineari al campo pneumatico. E se un’azienda volesse intraprendere un percorso di questo tipo? “Dipende dall’applicazione specifica - afferma -, è difficile generalizzare quali aziende siano in grado di assorbire le tecnologie Avatar.Vi sono aziende che fanno manu- tenzione da remoto, altre con contesti di lavoro pericolosi, nei quali è meglio non far entrare gli esseri umani… In gene- rale, dipende dall’applicazione specifica. Qui all’Istituto Italiano di Tecnologia già stiamo facendo qualche esercizio con- creto con le aziende sul campo. Come dicevo, con Danieli Automation c’è que- sto ottimo esercizio per automatizzare alcuni processi che potrebbero implicare un rischio elevato dei lavoratori median- te queste tecnologie”, spiega. Il rischio biomeccanico Come accennato, è in corso una collabo- razione tra l’Istituto Italiano diTecnologia e l’Inail, con l’obiettivo di ideare le future tecnologie indossabili e robot umanoidi per massimizzare l’ergonomia del lavo- ro e l’accettabilità tecnologica dei futuri ambienti industriali e sanitari. “Con Inail stiamo cercando di capire come abbattere il rischio biomeccanico dei lavoratori, attraverso un progetto che coordinia- mo di nome ergoCub - afferma Daniele Pucci -. Questa seconda evoluzione del robot umanoide iCub ha l’obiettivo di introdurre il robot in ambienti di lavoro, un magazzino o un ospedale, tanto per fare un esempio, e aiutare il personale a compiere quei gesti continui e ripetitivi che inducono possibili malattie musco- loscheletriche. Se si guardano i dati, l’impatto delle malattie muscoloschele- triche è davvero importante: nel 2022 il 70% delle denunce riportate all’Inail sono dovute a malattie muscoloscheletriche e a quelle del tessuto connettivo, con an- damenti praticamente piatti, quindi non in diminuzione, nonostante le azioni in corso. In una prospettiva futura, in cui avremo una popolazione lavoratrice più anziana (entro il 2050 avremo all’incirca 130 milioni di persone con più di 65 anni in Europa), con una forza lavoro fonda- mentalmente meno efficace, lo studio si occupa di capire come introdurre un ro- bot umanoide in un contesto lavorativo”. Perché il robot umanoide? “Perché è un elemento adattativo e poco invasivo che ci aiuta per la trasformazione digitale che stiamo vivendo e, inoltre, ci aiuta a transire da ecosistemi industriali attuali, poco strutturati, a quelli del futuro au- tomatizzati e strutturati, dove l’essere umano probabilmente non sarà più re- sponsabile dei compiti che hanno una alta probabilità di indurre una malattia muscoloscheletrica”. @anto_pelle Quando iCub 3 percepisce qualcosa è in grado di trasportare i suoi sensi all’operatore sul posto remoto.

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