PO 449

progettare 449 • ottobre 2022 41 Lucio Miranda è presidente di ExportUSA, una società di consulenza all’internazionalizzazione focalizzata sul mercato americano. Problema della distribuzione Negli ultimi anni l’interesse per il settore dei beni industriali italiani negli Stati Uniti è cresciuto molto più delle altre tradizionali correnti del nostro export, moda, alimentare e design. Gli Stati Uniti sono un’economia forte, con disoccu- pazione a livelli record bassi al 3,6%, e previsioni di crescita del PIL nel 2022 al 3%, che in valore di incremento equivale al PIL annuo del Belgio. Nel passaggio di testimone dall’amministrazione Trump a quella Biden sono inoltre stati mantenuti alcuni dazi, come quelli imposti alla Cina, mentre altri sono stati revocati, ad esem- pio quelli su acciaio e alluminio nei con- fronti dell’Europa. “Lo scorso 24 febbraio l’amministrazione Biden ha pubblicato il rapporto sulla supply chain negli Stati Uniti - spiega Lucio Miranda, presiden- te di ExportUSA, società di consulenza all’internazionalizzazione esclusivamente focalizzata sul mercato americano -, e due ne sono i capisaldi: sganciarsi e divenire meno dipendenti dalla Cina e ri-orientarsi verso una pratica di friend shoring, ovvero acquistare da Paesi che sono amici o vicini politicamente all’America. In questa politi- ca in prima fila sono quindi Giappone ed Europa, aprendo un momento davvero d’oro per le aziende italiane nel settore dei beni industriali e strumentali”. Nella mappa dell’industrializzazione del Paese, gli Stati più interessanti sono concentrati nella metà orientale, includendo da nord a sud Minnesota, Wisconsin, Michigan, Iowa, Illinois, Indiana, Ohio,WestVirginia, Missouri e Texas. A questi si aggiungo- no quelli di nuova industrializzazione, Tennessee, Louisiana e Alabama, cui si affiancheranno Georgia, Virginia e North Carolina, che stanno sviluppando molti insediamenti industriali. Infine il North Dakota assorbe l’interesse dell’industria oil & gas in virtù dei grossi giacimenti di petrolio da poco scoperti. “Negli Stati Uniti occorre dire che non manca niente a livello di strutture e servizi - prosegue Miranda -: trasporti, dogane, servizi pub- blici, magazzini, consulenze, certificazioni e servizi di manutenzione, nonmanca nul- la. Il vero e unico problema del mercato americano resta la distribuzione, che in un mercato altamente aperto e competitivo come è quello statunitense si trova di fatto oberata di richieste e contatti. Dal momento che tutti i concorrenti si con- centrano sul problema della distribuzione, i distributori filtrano perciò al massimo i contatti, ed è pertanto necessario sapere come rapportarsi per arrivare a parlare con loro”. Il rischio percepito “In oltre 20 anni di lavoro negli Stati Uniti, ci siamo accorti che a prescindere dal settore o dal tipo di prodotto, quando un americano percepisce che non hai una società in America, o un conto corrente in America o dei beni a terra in America, la trattativa si ferma - racconta Miranda -. Ci siamo interrogati sul perché, e la risposta sta nella grande differenza del sistema legale americano da quello europeo, e italiano, il che fa diventare importante la situazione legale e giuridica cui è sog- getta la controparte commerciale”. Se infatti sorgono problemi a carico di un macchinario o componente acquistato da un’azienda estera, incorporato in una linea produttiva rivenduta in America, la responsabilità patrimoniale o comunque finanziaria arriva immediatamente in ca- po al soggetto che l’ha venduto. Con un meccanismo che in America è molto più veloce che in Italia, così come molto più oliato, efficiente e pervasivo è il sistema di rischi, responsabilità e di richiesta del dan- no. Nel sistema legale americano, inoltre, non esistono i Codici come in Italia, e le norme si creano attraverso le sentenze dei giudici nelle corti, che si accumulano nel tempo. Creando un sistema in continua evoluzione, e dove l’intervenire delle varie

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