PO 444
44 progettare 444 • marzo 2022 è chiaro come ad esempio gli strumenti digitali stiano fattivamente trasformando il lavoro - rilevaMarco Bentivogli -. Il digitale infatti scongela spazio e tempo, consen- tendo alle persone di gestire in maniera molto più fluida e flessibile le ore di lavoro e quelle del nostro tempo libero, mentre la diffusione sempre maggiore di robot e IoT rende la prossimità fisica non più così im- prescindibile, anche per lo smart working industriale. Rompendo quel connubio che, soprattutto per noi italiani, porta spesso a identificare il luogo di lavoro e l’attività lavorativ a stessa”. Questo processo richie- de quindi per Bentivogli un pensiero del tutto nuovo, che per parlare di impresa e lavoro utilizzi concetti diversi dal passato, abbandonando sia l’idea che la tecnologia tolga lavoro sia le vecchie categorie del controllo e dello sfruttamento. “Quello che serve oggi è una nuova narrazione della robotica per far conoscere alla gente che stiamo vivendo in una seconda età delle macchine, che non è più quella dei vecchi robot industriali che ancora oggi sono spessoquelli coinvolti negli incidenti sul la- voro - affermaBentivogli -. Inquesto senso, l’impiego ad esempio di un wearable in un magazzino non va visto come il tentativo dell’imprenditore di rendere il lavoratore etero-gestito, ma come strumento che lo aiuta a compiere un compito senza errori e senza dover ripetere le operazioni per rimediare. Così come un sensore di loca- lizzazione indosso a un tecnico che lavora sulle navi in cantiere è un dispositivo di sicurezza che gli può salvare la vita in caso ad esempio di incendio, e non espressione della volontà di controllo del datore di lavoro. L’elemento che in questa nuova narrazione bisogna inoltre raccon- tare è che i robot oggi sono macchine che possono coesistere con le persone, senza sostituirle, per cui il lavoro si ibrida con la macchina con un perimetro dell’attività che dipende dalla persona stessa”. Un indice importantissimo del cambiamento già in corso è in tal senso il fatto che le aziende oggi vedono la fatica fisica come uno spreco da demandare alle macchine, preferendo l’ingaggio cognitivo delle per- sone. “Questo perché se è verissimo che serve impostare eticamente la coesistenza con le macchine - sostiene Bentivogli -, è altrettanto vero che la persona deve essere rispettata, realizzata e salvata dal lavoro”. Relazione e interazione Nel cambiamento del modo di concepire il lavoro si deve però porre grande atten- zione al fatto che l’ingresso di robot e tec- nologie digitali genera uno spostamento, lasciando un vuoto laddove le macchine sollevano le persone dalle mansioni più faticose e ripetitive. Un vuoto che va quindi colmato, curando lo sviluppo di nuove capacità cognitive. Il pericolo dal punto di vista etico e sociale è qui quello di indurre un decadimento cognitivo nelle persone, causato dall’adozione della tecnologia. “È un fenomeno evidente anche pensando ad esempio nellaAI al moduloGPT-3 - osserva Benanti -, che da una richiesta in linguaggio naturale è in grado di generare da sé il codice per l’applicazione desiderata, per esempio un particolare sito web. Si tratta di qualcosa di sicuramente potente, ma è anche una skill-killer application: chi, infatti, perderebbe più tempo a sviluppare software se tutto potesse esser fatto così. È allora in generale essenziale prevenire un effetto di perdita di know-how nelle aziende, che può accompagnarsi all’intro- duzione di sistemi robotici intelligenti”. Se sul piano aziendale occorre preservare il lavoro e le competenze, spostandosi verso lo sviluppo di nuove capacità a più alto tenore cognitivo, il problema trasferito su un piano sociale più ampio chiede che con la diffusione di robot e piattaforme non vada perso il valore fondante della relazione umana. “Il tema èmesso in piena evidenza nell’esperimento Caresses che abbiamo condotto con la robotica sociale in alcune case di cura - spiega Sgorbissa -. I robot sociali non assistono fisicamente le persone, ma danno ad esempio informa- zioni ai clienti in un negozio o assistono persone con disabilità e anziani in ambito domestico o nelle case di cura, ricordando ad esempio loro di fare esercizio fisico o di prendere un farmaco”. I risultati ottenuti Andrea Bertolini è avvocato e ricercatore alla Scuola Superiore Sant’Anna : “L’Italia deve essere più presente ai tavoli di lavoro per la regolamentazione di robotica e AI, fondamentali per poter contribuire agli scenari futuri di queste tecnologie”. Antonio Sgorbissa è docente Dibris Università degli Studi di Genova : “La capacità del robot di comprendere e adeguarsi al background culturale della persona porterebbe un incremento delle sue performance e una migliore efficacia dell’interazione”. I PRO TA GO NISTI INCHIESTA
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