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FEBBRAIO 2019 FIELDBUS & NETWORKS 35 Giuseppe Palazzolo , group product manager HMI, Schneider Electric ( www.se.com/it ): “Si stima che entro il 2020 il numero degli ‘oggetti’ connessi supererà i 50 miliardi. Già oggi, una parte preponderante di essi fa capo ai componenti e ai sistemi industriali, delle utility, delle telecomunicazioni, generando una quantità di dati e interconnessioni che mettono le aziende nelle condizioni di ottenere un livello di controllo senza precedenti sull’operatività e sui processi. Se in passato la relazione tra sistemi e operatori era limitata a un insieme di azioni in buona parte predeterminate, oggi possiamo parlare di una vera e propria collaborazione: il ruolo decisionale dell’operatore si amplia, la sua capacità di interagire con i processi in ottica di monitoraggio, efficientamento, migliora- mento continuo è molto maggiore. Tutto questo potenziale, però, può svilupparsi solo se gli strumenti a disposizione dell’operatore permettono di gestire le informazioni in modo rapido, efficace e adatto al contesto: oggi più che mai, l’evoluzione dell’interfaccia uomo-macchina assume un ruolo fondamentale per sfruttare le op- portunità dell’innovazione tecnologica”. Emanuele Barina , sales specialist Digital Enterprise Team, di Sie- mens Italia ( www.siemens.it ): “Negli ultimi anni, i rapidi progressi tecnologici hanno dato origine all’IoT industriale (IIoT); tra questi, il cloud computing, i big data e l’analisi di essi avanzata. L’inter- connettività tra sistemi di produzione industriale e operatori è definita dalle reti industriali che abilitano una con- nettività sicura e deterministica. Senza di esse le imprese industriali moderne non potrebbero sfruttare i vantaggi legati alla digitalizzazione. Per sup- portare gli utenti negli uffici e nelle sedi remote è necessario collegare tra loro, tramite le reti industriali, risorse strategiche e tecnologie informatiche relative al mondo IT. Tra queste ultime vi sono sistemi ERP, CRM, big data analytics e altre applicazioni di base che risiedono sia nei data center sia nel cloud. Per mantenere la produzione in funzione, le reti industriali devono garantire un funzionamento sicuro e interconnesso di opera- zioni complesse tra il mondo IT e il mondo OT (Operational Techno- logy). Nel sistema di produzione, partendo dal livello di campo, vi sono potenzialmente migliaia di sensori, attuatori, valvole, strumen- tazione e altri dispositivi che operano in tempo reale e spesso in ambienti estremi, di solito anche di produttori molti diversi. Nel frat- tempo, tutti questi componenti devono alimentare e attingere dati operativi dall’interno e anche verso l’esterno su infrastrutture verti- cali dinamiche composte da un’ampia gamma di sistemi di comando di produzione e sistemi di esecuzione di analisi. Ecco perché le imprese in- dustriali che desiderano perseguire la digitalizzazione end-to-end delle loro operazioni, devono considerare le reti come la spina dorsale strategica delle loro operazioni”. Fabrizio Arosio , responsabile auto- mation business, WEG Italia ( www. weg.net/it ): “Interconnettività signi- fica, fondamentalmente, mettere a disposizione degli operatori dati fon- damentali in tempo reale. In questo modo, si permette loro di cogliere in anticipo le inefficienze e i problemi e di utilizzare la loro creatività ed esperienza per elaborare un piano d’azione ottimale. Rispetto al passato, stiamo assistendo a una sinergia tra capacità insite negli esseri umani e tecnologia al fine di migliorare drasticamente l’efficienza produttiva e ridurre i tempi di inattività”. FN: Qual è oggi lo stato dell’arte della tecnologia abilitante per connettere i sistemi alle persone? Rizzi : “Decisamente migliore di quanto si possa immaginare se non si è esperti del settore. Le tecnologie ‘abilitanti’ si sono svi- luppate in maniera importante, se pur, diciamo, in tono un po’ ‘dimesso’ e senza clamori. Possiamo dire che hanno fatto passi da gigante in un tempo relativamente breve. La prima tecnolo- gia che balza all’occhio è Internet, o come viene definita a livello industriale, l’Internet delle Cose Industriali (IIoT: in Inglese ha tutto un altro fascino!). È una tecnologia che in fondo utilizziamo da vent’anni, ma con l’avvento di prodotti che sono diventati di massa, dai cellulari ai tablet, hanno letteralmente ‘distrutto’ un muro tecnico che sembrava invalicabile ai più. Vent’anni fa pen- sare che mio padre oggi 92enne sarebbe andato in giro con lo smartphone in tasca, avrebbe scatenato l’ilarità generale. Oggi è la normalità, non stupisce nessuno. Questo dà l’idea di quanto la tecnologia abilitante sia entrata nelle nostre vite. Da qui all’uti- lizzo della tecnologia in settori inesplorati il passo è breve. Infatti, oggi abbiamo applicazioni legate alla realtà aumentata o alla re- altà virtuale sempre più diffuse e che permeano sempre più i mac- chinari anche di valore assoluto non elevatissimo. Possiamo dire che gli ‘oggetti’ di largo consumo hanno permesso di divulgare la tecnologia, pur senza essere ‘complessi’ da utilizzare. Questo è il vero valore aggiunto, portare chi non ha una conoscenza tecnica specifica a utilizzare mezzi molto complessi. Ovviamente non siamo ancora ‘arrivati’, c’è molto ancora da fare dal punto di vista tecnologico, ma le basi sono state poste. E sono basi solide”. Palazzolo : “I trend tecnologici in ambito industriale portano nell’ambiente produttivo nuove complessità in termini di controllo, interpretazione e valorizzazione dei dati, capacità di gestione in tempo reale, sempre più spesso anche da remoto, di macchine e processi. Rispetto all’operatore, l’esi- genza principale è quella di ‘domare’ la complessità in modo da massimiz- zare la sua capacità di comprendere e interagire. E ridurre al minimo gli errori anche quando, come avviene di frequente in questi ultimi anni, si assiste a un cambio generazio- nale che porta in azienda personale meno esperto dal punto di vista ope- rativo. Si parla quindi di ‘situational awareness’: una metodologia di progettazione delle interfacce HMI innovativa, che agisce su una molte- plicità di elementi spostando il focus dalla ‘rappresentazione’ dei dati alla visualizzazione delle infor- mazioni operative, sempre nel contesto corretto, in modalità il più possibile standardizzate e uniformi. Le interfacce HMI odierne, concepite in questo modo, moltiplicano la capacità dell’operatore di individuare segnali di allarme; sono navigabili in modo intuitivo, rendendo più rapida l’azione risolutiva del problema; migliorano la sicurezza per la macchina e per l’operatore. Interfacce così proget- tate oggi sono disponibili su device che aumentano ulteriormente Giuseppe Palazzolo, Schneider Electric Emanuele Barina, Siemens Italia Fabrizio Arosio, WEG Italia

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