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Il 2022 è stato sicuramente un anno impegnativo per il settore dei semiconduttori (e non solo). Un anno ricco di eventi difficilmente prevedibili, come la guerra tra Russia e Ucraina, i lockdown in Cina per contenere la pandemia e le nuove regole di controllo sull’export annunciate dagli Stati Uniti. Senza dimenticare la politica aggressiva sui tassi di interesse delle Banche Centrali e il crash del mercato delle criptovalute seguito alla bancarotta di FTX. Lo scenario si è complicato con il calo della domanda di dispositivi consumer (notebook, smartphone e così via), che restano comunque la più importante fonte di fatturato per la maggior parte delle aziende di semiconduttori, e la necessità di procedere a correzioni dell’inventario. Secondo gli ultimi dati forniti da WSTS, il fatturato globale dell’industria dei chip sarà destinato quest’anno a contrarsi, per la prima volta dal 2019, in misura pari al 4%. Un declino imputabile essenzialmente alla battuta d’arresto della regione Asia/Pacifico (che comprende la Cina), che rappresenta circa il 30% del mercato dei semiconduttori. Nelle altre regioni del globo, ovvero Giappone, Stati Uniti ed Europa, il mercato dovrebbe far segnare un andamento positivo. Si tratterebbe comunque di una battuta d’arresto temporanea in quanto, stando alle più recenti proiezioni di Deloitte, l’industria dei chip dovrebbe superare il traguardo dei 1.000 miliardi di dollari entro il 2030. Una previsione che non può sorprendere visto che un numero sempre maggiore di applicazioni – intelligenza artificiale, AR/VR, Internet of Things, HPC, comunicazioni satellitari, veicoli elettrici/autonomi, 5G/6G, smart city e così via – dipende dalla tecnologia dei semiconduttori per aumentare prestazioni e funzionalità. Per stimolare la domanda da parte dei consumatori i big del settore – Intel, AMD e NVIDIA – hanno pianificato l’introduzione di nuove CPU e GPU, mentre Apple dovrebbe lanciare i suoi primi prodotti per applicazioni AR/VR. Per quanto concerne la supply chain, dopo i problemi degli ultimi anni, cresce la spinta alla regionalizzazione e alla localizzazione (in una recente nota il Ceo di TSMC ha affermato che “la globalizzazione e il libero commercio sono quasi giunti alla fine”): è recente la notizia che Apple abbia fatto un ordine per chip da 3 nm prodotti negli Stati Uniti. Una considerazione a parte è quella relativa alla cosiddetta “talent shortage”. Uno studio condotto da Deloitte evidenzia che entro il 2030 sarà necessario oltre unmilione di personale qualificato (più di 100.000 all’anno) per sostenere in modo adeguato gli investimenti previsti in nuove fabbriche. Poiché università e istituti su scala mondiale “sfornano” meno di 100.000 ingegneri su base annua, la carenza di talenti potrebbe diventare un serio problema sul lungo periodo. Filippo Fossati Il 2023 dei chip: alcune considerazioni Editoriale ELETTRONICA OGGI 507 - GENNAIO/FEBBRAIO 2023 11

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